Second newsletter of Life+ Trout project is out

8 Luglio 2015

A cura del team dei ricercatori Life TROTA

Durante i primi 6 mesi del 2015 sono proseguite le attività del progetto Life+ TROTA (LIFE12 NAT/IT/0000940), realizzato grazie a un co-finanziamento dell’Unione Europea nell'ambito dello strumento Life Plus, e promosso da Provincia di Pesaro e Urbino, Provincia di Fermo, Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Università Politecnica delle Marche, Università di Perugia e Legambiente. Obiettivo del progetto è la conservazione della trota mediterranea (Salmo macrostigma) in sette bacini fluviali della regione Marche. Questo salmonide è infatti protetto dalla Direttiva Habitat e considerato specie “a rischio critico di estinzione” nella Lista Rossa dei Vertebrati Italiani.

Alla fine di aprile è iniziata un’importante azione concreta di conservazione (azione C4), che consiste nel ripopolamento (“supportive breeding”) di quattro corsi d’acqua ricadenti nelle Rete Natura 2000 con trote nate in cattività da genitori mediterranei puri. Infatti, durante i mesi autunnali del 2014, circa 200 esemplari adulti sono stati prelevati dalle popolazioni selvatiche geneticamente più integre individuate durante l’azione preparatoria A2. Le trote sono state dotate di microchip per essere riconoscibili individualmente e trasferite presso l’impianto ittiogenico di Cantiano (PU), attrezzato nel corso dell’azione C1 per ospitare adeguatamente gli esemplari selvatici. Quest’ultimi sono stati sottoposti ad analisi genetica per selezionare gli individui mediterranei puri da utilizzare per la riproduzione in cattività. I circa 50 esemplari che hanno superato il test genetico sono stati controllati settimanalmente nel periodo invernale per valutarne lo stato riproduttivo e sottoporli a riproduzione artificiale quando maturi. La “spremitura” consiste nel massaggiare la regione ventrale delle femmine per far fuoriuscire le uova dall’apertura genitale (vedi FOTO 1) e in seguito fecondarle col liquido seminale dei maschi. Le uova fecondate vengono quindi trasferite in apposite vasche (trogoli) presenti in un edificio della troticoltura definito “incubatoio” perché è qui che le uova, al buio e opportunamente protette, si sviluppano fino alla schiusa, che avverrà dopo circa un mese (vedi FOTO 2). Dopo un altro mese di permanenza nei trogoli, durante il quale le trotine cominciano ad alimentarsi autonomamente (”svezzamento”), esse vengono portate all’esterno in apposite vasche in vetroresina nell’attesa di essere reintrodotte in natura (vedi FOTO 3).

È da sottolineare la profonda differenza nella tempistica della maturazione delle uova tra le trote mediterranee, endemiche dell’area appenninica, e quelle atlantiche introdotte nei nostri fiumi per la pesca sportiva. Queste ultime infatti, hanno un periodo riproduttivo limitato ai mesi di dicembre e gennaio, mentre la trota mediterranea è in grado di riprodursi fino all’inizio della primavera. Dal nostro campione di trote native, ad esempio, è stato possibile ottenere uova fino alla fine di marzo. Una riproduzione così prolungata è un chiaro adattamento all’imprevedibilità climatica dell’area mediterranea: se infatti le covate deposte all’inizio della stagione riproduttiva fossero distrutte da piene catastrofiche –sempre più frequenti in questo periodo di “global warming” – ecco che le deposizioni tardive andrebbero a rimpiazzare quelle perdute, garantendo il successo riproduttivo della popolazione. Queste caratteristiche biologiche così fondamentali per la sopravvivenza fanno comprendere l’importanza cruciale di salvaguardare la trota mediterranea nativa, in grado di far fronte alle condizioni climatiche locali alle quali si è adattata grazie a millenni di evoluzione nei torrenti dell’Appennino.

Dalle spremiture di quest’anno sono nate circa 4.000 trotine che serviranno a rafforzare le popolazioni selvatiche di trota mediterranea (azione C4), geneticamente “inquinate” dall’ibridazione con le trote atlantiche. Ad oggi, queste attività di ripopolamento sono state realizzate nel torrente Bevano (bacino del Metauro), in provincia di Pesaro e Urbino, e nei torrenti Rapegna (bacino del Nera) e Fiastrone (bacino del Chienti), entrambi all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini (vedi FOTO 4). Per queste attività sono stati utilizzati esemplari appartenenti agli stock genetici descritti grazie alle analisi molecolari durante l’azione preparatoria (A2) (si veda la newsletter di gennaio). A breve le trotine mediterranee saranno rilasciate anche nella Gola dell’Infernaccio (bacino del Tenna), una delle aree paesaggisticamente più suggestive del Parco.

Contestualmente alle attività di ripopolamento, si sta effettuando la rimozione delle trote aliene, come previsto dall’azione concreta di conservazione C3. Quest’attività viene svolta in sei tratti fluviali della Rete Natura 2000 dove la trota atlantica ha completamente rimpiazzato la specie nativa (vedi FOTO 5). L’eradicazione della biodiversità alloctona ha un duplice vantaggio: da un lato elimina una possibile fonte di inquinamento genetico nei riguardi delle popolazioni native ancora esistenti; dall’altro serve a creare spazio per le successive attività di reintroduzione della trota autoctona con gli esemplari prodotti nel centro ittiogenico di Cantiano.

Una parte non secondaria delle attività è stata dedicata alla caratterizzazione ambientale dei corsi d’acqua soggetti alle azioni di conservazione nell’ambito del progetto. Obiettivi della caratterizzazione ambientale sono stati:

• valutare la presenza nei corsi d’acqua selezionati delle caratteristiche d’idoneità d’habitat per la riproduzione e l’accrescimento della trota mediterranea;

• compiere un’analisi ecologica sulle popolazioni ittiche presenti per acquisire il patrimonio conoscitivo necessario per un’oculata pianificazione di conservazione;

• eseguire un’analisi delle caratteristiche idrologiche dei corsi d’acqua e definire un percorso metodologico per la stima dei deflussi minimi vitali (vedi FOTO 6).

Grazie  a queste attività di monitoraggio è stata possibile l’acquisizione di informazioni utili sulle comunità ittiche esistenti, con il censimento di specie come lo scazzone, il cobite, il barbo, il vairone, la lampreda padana e il gambero di fiume autoctono (vedi FOTO 7) che – similmente alla trota mediterranea - sono protette a livello europeo. Inoltre, grazie alle analisi chimico-fisiche delle acque è stato possibile valutare i tratti di fiume con la più alta qualità ambientale e quindi maggiormente propensi ad ospitare popolazioni di trota autoctona. Da sottolineare, infine, che tutte le informazioni demografiche e biologiche acquisite sulle popolazioni di trota mediterranea saranno utili per contribuire concretamente a realizzare misure per la salvaguardia di questa specie e, più in generale, alla tutela del delicato equilibrio ecologico degli ecosistemi fluviali.

Tutte le informazioni raccolte e le analisi effettuate nell’ambito delle azioni conoscitive previste per il primo anno di attività sono state sintetizzate nel rapporto “Practical recommendation on the fittest approach to perform the captive breeding and restocking action on macrostigma trout” che presto sarà disponibile sul sito  del progetto Life+ TROTA (Part 1: Genetical analysis. Part: 2 Ecological analysis. Part 3: Habitat analysis).

Infine, un ringraziamento alle associazioni piscatorie ((ENALPESCA, FIPSAS, LIBERAPESCA e UNPEM) che hanno collaborato attivamente nelle attività di campo del progetto, coadiuvando i nostri ricercatori durante le uscite!

  Foto 1                                                    Foto 2                                        Foto 3                                       

Foto 1

 

 

 

 

 

 

 

  Foto 4                                                       Foto 5                                     Foto 6                                     Foto 7

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